Ricorso  della regione Lombardia, in persona del Presidente della
Giunta  regionale pro tempore, on. Roberto Formigoni, autorizzato con
delibera   di  Giunta  regionale  n. VII/4636  del  18  maggio  2001,
rappresentato  e difeso, come da mandato a margine del presente atto,
dal  prof. avv. Beniamino  Caravita di Toritto e presso il suo studio
elettivamente domiciliato in Roma, via di Porta Pinciana n. 6;
    Contro  il  Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore per
la  dichiarazione di illegittimita' costituzionale di alcuni articoli
della   legge   29   marzo   2001,  n. 135,  recante  "Riforma  della
legislazione   nazionale  del  turismo",  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale, - Serie generale - n. 92, del 20 aprile 2001.

                              F a t t o

    L'articolo 1, della legge 29 marzo 2001, n. 135, recante "Riforma
della  legislazione  nazionale del turismo", esordisce stabilendo che
con  tale  legge  vengono  individuati "i principi fondamentali e gli
strumenti  della politica del turismo", in attuazione degli artt. 117
e  118  della  Costituzione  ed  ai  sensi  dell'art.  56  del d.P.R.
n. 616/1977, della legge n. 59/1997, e del d.lgs. n. 112/1998.
    Il comma 2, alle lett. da a) ad l), individua i suddetti principi
e  strumenti. Il comma 3, fa salvi poteri e prerogative delle Regioni
a Statuto speciale e delle Province autonome.
    L'articolo  2  disegna  il  quadro delle competenze in materia di
turismo.  In  particolare,  il  comma  1, riconosce in attuazione del
principio di sussidiarieta', il ruolo dei comuni e delle province nei
corrispondenti  ambiti  territoriali,  nonche'  quello  dei  soggetti
privati "per la promozione e lo sviluppo dell'offerta turistica".
    I   successivi   commi  2  e  3  individuano  rispettivamente  le
competenze delle regioni e dello Stato in materia di turismo.
    In  particolare,  con  riguardo alle regioni, il comma 2, prevede
che esse, in attuazione dell'art. 117 della Costituzione, della legge
n. 59/1997  e  del  d.lgs.  n. 112/1998,  esercitano  le  funzioni in
materia di turismo ed industria alberghiera nel rispetto dei principi
fondamentali stabiliti all'art. 1.
    Con  riguardo  alle  funzioni  riservate  allo  Stato, il comma 3
specifica   che,  fino  all'adozione  dei  decreti  di  riordino  dei
Ministeri,  le  funzioni  dello  Stato  sono esercitate dal Ministero
dell'industria,  commercio  e artigianato al quale vengono attribuite
le   seguenti   funzioni:   il  coordinamento  intersettoriale  degli
interventi   statali   connessi   al   turismo;   l'indirizzo   e  il
coordinamento  delle  attivita'  promozionali  svolte  all'estero, di
esclusivo  rilievo  nazionale;  la rappresentanza unitaria in sede di
Consiglio dell'Unione europea in materia di turismo.
    Il  successivo  comma  4, prevede, in attuazione dell'art. 44 del
n. 112/1998,  l'adozione  di un D.P.C.M. con il quale dovranno essere
definiti  "i  principi  e  gli  obiettivi  per la valorizzazione e lo
sviluppo  del  sistema  turistico",  individuandone  la  procedura di
adozione,  sulla  base dello schema delineato dall'art. 44 del d.lgs.
n. 112/1998.
    Sempre  al  comma  4, l'art. 2 individua, alle lett. da a) ad n),
gli  oggetti  che  con  tale decreto dovranno essere disciplinati "al
fine  di  assicurare l'unitarieta' del comparto turistico e la tutela
dei consumatori, delle imprese e delle professioni turistiche".
    Il comma 5 dell'art. 2, attribuisce inoltre al decreto il compito
di  formulare  "altresi' principi ed obiettivi" relativi ad una serie
di oggetti indicati nelle successive lettere da a) ad f).
    Il  successivo comma 6 fissa il termine - 9 mesi dalla emanazione
del decreto - entro il quale ciascuna regione dovra' dare attuazione,
da  un  lato,  ai  principi  e  agli  obiettivi stabiliti dalla legge
stessa,  dall'altro, a quelli contenuti nel decreto di cui al comma 4
dell'art. 2.
    Il  comma 7, in relazione a quanto prescritto al comma 6, prevede
che  in caso di mancata attuazione del decreto da parte delle regioni
nel  termine  fissato  dal  comma  6,  le  disposizioni contenute nel
decreto  di  cui al comma 4 si applicano fino alla data di entrata in
vigore  di  ciascuna  disciplina  regionale di attuazione delle linee
guida.
    Il  comma  8  chiude  l'articolo  2,  specificando  che  "per  le
successive  modifiche  e integrazioni al decreto di cui al comma 4 si
applicano  le  medesime  procedure  previste  dall'art. 44 del d.lgs.
n. 112/1998,  e  dalla  presente  legge.  I  termini previsti da tali
disposizioni sono ridotti alla meta'".
    L'articolo  3  istituisce  la "Conferenza nazionale del turismo",
alla  quale  attribuisce  il compito di esprimere orientamenti per la
definizione  e  gli  aggiornamenti  del documento contenente le linee
guida,  quello  di verificare l'attuazione delle linee guida, nonche'
quello   di   favorire   il   confronto   tra  le  istituzioni  e  le
rappresentanze del settore.
    L'articolo  4,  recante  "Promozione  dei  diritti  del turista";
istituisce  la  Carta  dei diritti del turista, redatta dal Ministero
dell'industria,   del   commercio   e  dell'artigianato,  sentite  le
organizzazioni  imprenditoriali  e  sindacali  del settore turistico,
nonche' le associazioni nazionali di tutela dei consumatori.
    Il comma 2, apporta alcune modifiche al d.lgs. n. 427/1998.
    Al  comma  3,  l'articolo 4 attribuisce alle Camere di commercio,
singolarmente  o  in  forma  associata,  le  funzioni  di commissioni
arbitrali  e  conciliative  per la risoluzione delle controversie tra
imprese  e  tra imprese e consumatori ed utenti inerenti la fornitura
di servizi turistici.
    L'articolo   5  istituisce  i  Sistemi  turistici  locali,  quali
"contesti  turistici locali omogenei o integrati, comprendenti ambiti
territoriali  appartenenti  anche  a  regioni diverse, caratterizzati
dall'offerta  integrata di beni culturali, ambientali e di attrazioni
turistiche".
    L'articolo  6 istituisce il fondo di cofinanziamento dell'offerta
turistica,  destinato alle regioni, nella misura del 70 per cento per
il  finanziamento  dei Sistemi turistici locali e, per il restante 30
per cento, da distribuirsi attraverso bandi annuali di concorso.
    All'interno   del   Capo   II,  recante  "Imprese  e  professioni
turistiche", l'articolo 7, definisce le imprese turistiche, rinviando
al  decreto  di  cui al comma 4 dell'articolo 2, per l'individuazione
delle  tipologie  di  imprese  turistiche  di cui al comma 1; prevede
l'iscrizione   al   registro  delle  imprese,  quale  condizione  per
l'esercizio dell'attivita' turistica, estende alle imprese turistiche
le  agevolazioni,  i  contributi,  di qualsiasi genere previsti dalle
norme vigenti per l'industria.
    Al comma 5, l'articolo 7 definisce professioni turistiche "quelle
che  organizzano  e  forniscono  servizi di promozione dell'attivita'
turistica,    nonche'    servizi    di    assistenza,    accoglienza,
accompagnamento e guida dei turisti".
    Il  comma  6  attribuisce  alle  regioni il potere di autorizzare
l'esercizio  delle  attivita'  di  cui  al  comma 5, specificando che
"l'autorizzazione,  fatta  eccezione  per  le  guide, ha validita' su
tutto  il  territorio  nazionale,  in conformita' ai requisiti e alle
modalita' previsti ai sensi dell'articolo 2, comma 4, lettera g)".
    I  commi  successivi  disciplinano, rispettivamente, le attivita'
delle imprese turistiche e degli esercenti professioni turistiche non
appartenenti  ai Paesi membri dell'Unione europea, delle associazioni
senza   scopo   di  lucro,  che  operano  per  finalita'  ricreative,
culturali,  religiose o sociali: prevedono, inoltre benefici a favore
delle associazioni senza scopo di lucro che operano per la promozione
del turismo giovanile, culturale, dei disabili e comunque delle fasce
meno  abbienti della popolazione, nonche' a favore delle associazioni
pro loco.
    Il  Capo  III reca "semplificazione di norme e fondo di rotazione
per il prestito e il risparmio turistico".
    All'interno  del  Capo  III,  gli  articoli  8,  9  e  10 recano,
rispettivamente, modifiche all'articolo 109 del testo unico approvato
con  r.d.  18  giugno  1931, n. 773, disposizioni che semplificano le
procedure  per l'autorizzazione alla prestazione di servizi ricettivi
e  di altre attivita', disposizioni per la istituzione di un Fondo di
rotazione per il prestito e il risparmio turistico.
    All'interno  del  Capo  IV, infine, gli articoli 11 e 12, recano,
rispettivamente abrogazioni, disposizioni transitorie e finanziarie.
    In  particolare,  il  comma  6 dell'articolo 11 stabilisce che la
legge  17  maggio  1983, n. 217 e' abrogata a decorrere dalla data di
entrata in vigore del decreto di cui all'art. 2, comma 4.
    Alcune  delle  disposizioni  dettate  dalla legge n. 135 del 2001
risultano   fortemente  lesive  delle  competenze  costituzionalmente
garantite alle regioni per i seguenti motivi di

                            D i r i t t o

    Va   preliminarmente   precisato   che   la   valutazione   della
legittimita'    costituzionale   delle   disposizioni   della   legge
n. 135/2001,  impugnate con il presente atto, non puo' prescindere da
uno   sguardo   d'insieme  dei  mutamenti  in  atto  nell'ordinamento
costituzionale italiano.
    In  proposito, non va sottovalutato che, in data 8 marzo 2001, e'
stato  approvato  a  maggioranza assoluta in seconda deliberazione al
Senato della Repubblica, il d.d.l. costituzionale, recante "Modifiche
al  Titolo  V  della parte seconda della Costituzione" (pubblicato ai
soli fini notiziali nella Gazzetta Ufficiale - Serie generale - n. 59
del 12 maggio 2001).
    In  particolare,  per  quel  che  qui  interessa,  il nuovo testo
dell'art.  117  della  Cost.  come  introdotto dalla recente riforma,
premesso  al  primo comma, che "la potesta' legislativa e' esercitata
dallo  Stato e dalle regioni nel rispetto della Costituzione, nonche'
dei  vincoli  derivanti dall'ordinamento comunitario e degli obblighi
internazionali",   ai   commi   secondo,  terzo  e  quarto,  dispone,
rispettivamente,  in  ordine  alle  materie  afferenti  alla potesta'
legislativa  esclusiva  dello  Stato, nonche' in ordine alla potesta'
concorrente e a quella primaria delle regioni.
    In   generale,   in   relazione   alla   competenza   legislativa
concorrente,  il  nuovo  testo  dell'art. 117 specifica espressamente
che:  "nelle  materie di legislazione concorrente spetta alle regioni
la potesta' legislativa, salvo che per la determinazione dei principi
fondamentali  riservata  alla  legislazione  dello  Stato" (art. 117,
comma 3).
    Viene  meno,  quindi, rispetto a quanto previsto finora dall'art.
117  della  Costituzione,  la  necessita'  del  rispetto  del  limite
dell'interesse nazionale nonche' di quello di altre regioni.
    In relazione alla potesta' primaria delle stesse, il comma quarto
del  nuovo  testo  dell'art. 117  prevede che "spetta alle regioni la
potesta' legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente
riservata alla legislazione dello Stato".
    Tale  disposizione, dunque, con una norma di chiusura, riconosce,
per  la  prima volta, anche in capo alle regioni a statuto ordinario,
la    potesta'    primaria    nelle    materie   non   riconducibili,
rispettivamente,  alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato e a
quella concorrente delle regioni.
    Con  riguardo,  in  particolare,  alla  materia  del  "turismo ed
industria   alberghiera",   va   osservato   che,   nel  nuovo  testo
dell'art. 117,  essa  non e' piu' collocata nell'elenco delle materie
afferenti  alla  potesta'  legislativa concorrente delle regioni, ne'
comunque ad essa si fa riferimento al comma 2, relativo alla potesta'
legislativa esclusiva dello Stato.
    Nell'ipotesi  in  cui la Riforma verra' approvata, la materia del
"turismo  ed  industria  alberghiera"  costituira', pertanto, oggetto
della  potesta'  legislativa  primaria  attribuita  alle  regioni dal
quarto comma del nuovo testo dell'art. 117.
    La  regione  naturalmente  ha  dovuto  individuare come parametro
dell'impugnazione  le  disposizioni costituzionali vigenti al momento
della  notifica  del ricorso; sin d'ora si riserva la possibilita' di
estendere  il  parametro alle disposizioni costituzionali che saranno
vigenti al momento della discussione del ricorso.
    1. -  Violazione da parte dell'art. 2, commi 4, 5, 6 e 7, nonche'
da  parte  dell'art. 11,  comma  6,  degli  artt.  117  e  118  della
Costituzione,  in  relazione  al  d.lgs. n. 112/1998, art. 44, e alla
giurisprudenza  costituzionale  sul principio di leale collaborazione
Stato - regioni ed in materia di indirizzo e coordinamento.
    1.1. - L'articolo 2, della legge n. 135/2001, dopo aver definito,
ai  primi  tre  commi,  il quadro delle competenze dello Stato, delle
regioni  e  degli  enti locali nella materia del turismo, al comma 4,
deferisce  al  Presidente  del  Consiglio  dei ministri il compito di
definire,  con  proprio  decreto,  ai  sensi  dell'art. 44 del d.lgs.
n. 112/1998,  "i  principi e gli obiettivi per la valorizzazione e lo
sviluppo  del sistema turistico", esemplificando, rispettivamente, ai
commi 4 e 5, i contenuti di tale documento.
    In  particolare,  il comma 4, prevede che, "al fine di assicurare
l'unitarieta'  del  comparto  turistico  e la tutela dei consumatori,
delle  imprese  e  delle  professioni  turistiche", il decreto dovra'
disciplinare i seguenti oggetti:
        a)  le terminologie omogenee e lo standard minimo dei servizi
di informazione e di accoglienza ai turisti;
        b)  l'individuazione  delle  tipologie  di imprese turistiche
operanti   nel   settore   e   delle  attivita'  di  accoglienza  non
convenzionale;
        c)  i  criteri  e  le  modalita'  dell'esercizio  su tutto il
territorio nazionale delle imprese turistiche per le quali si ravvisa
la necessita' di standard omogenei ed uniformi;
        d)  gli standard minimi di qualita' delle camere di albergo e
delle  unita'  abitative delle residenzeturistico-alberghiere e delle
strutture ricettive in generale;
        e)  gli standard minimi di qualita' dei servizi offerti dalle
imprese   turistiche   cui   riferire   i   criteri   relativi   alla
classificazione delle strutture ricettive;
        f)  per  le  agenzie  di  viaggio,  le  organizzazioni  e  le
associazioni  che  svolgono  attivita'  similare, il livello minimo e
massimo  da  applicare  ad  eventuali cauzioni, anche in relazione ad
analoghi standard utilizzati nei Paesi dell'Unione europea;
        g)  i  requisiti  e  le  modalita'  di  esercizio su tutto il
territorio  nazionale  delle  professioni  turistiche per le quali si
ravvisa   la   necessita'   di  profili  omogenei  ed  uniformi,  con
particolare  riferimento  alle  nuove  professionalita' emergenti nel
settore;
        h)   i  requisiti  e  gli  standard  minimi  delle  attivita'
ricettive gestite senza scopo di lucro;
        i)  i  requisiti  e  gli  standard  minimi delle attivita' di
accoglienza non convenzionale;
        l) i criteri direttivi di gestione dei beni demaniali e delle
loro   pertinenze   concessi   per  attivitaturistico-ricreative,  di
determinazione,  riscossione  e  ripartizione  dei  relativi  canoni,
nonche'  di  durata delle concessioni, al fine di garantire termini e
condizioni  idonei  per  l'esercizio  e  lo  sviluppo delle attivita'
imprenditoriali,  assicurando comunque l'invarianza di gettito per lo
Stato;
        m)  gli standard minimi di qualita' dei servizi forniti dalle
imprese che operano nel settore del turismo nautico;
        n)  i  criteri  uniformi  per  l'espletamento  degli esami di
abilitazione all'esercizio delle professioni turistiche.
    Il  successivo  comma  5  prevede, inoltre, che il decreto dovra'
formulare altresi' principi ed obiettivi relativi a:
        a)  allo sviluppo dell'attivita' economica in campo turistico
di  cui  deve  tenere  conto  il  Comitato  interministeriale  per la
programmazione  economica  nello  svolgimento  dei  compiti  ad  esso
assegnati,   con   particolare  riferimento  all'utilizzo  dei  fondi
comunitari;
        b)  agli  indirizzi  generali  per  la  promozione  turistica
dell'Italia all'estero;
        c)  alle  azioni  dirette  allo sviluppo di sistemi turistici
locali,  come  definiti  dall'art.  5,  nonche' dei sistemi o reti di
servizi,  di  strutture  e infrastrutture integrate, anche di valenza
interregionale,  ivi  compresi  piani  di  localizzazione  dei  porti
turistici  e  degli approdi turistici di concerto con gli enti locali
interessati;
        d)  agli  indirizzi  e  alle  azioni diretti allo sviluppo di
circuiti qualificati a sostegno dell'attivita' turistica, quali campi
da golf, impianti a fune, sentieristica attrezzata e simili;
        e) agli indirizzi per la integrazione e l'aggiornamento della
Carta dei diritti del turista di cui all'art. 4;
    Alla  realizzazione  delle  infrastrutture  turistiche di valenza
nazionale  e  allo  sviluppo  delle  attivita'  economiche,  in campo
turistico, attraverso l'utilizzo dei fondi nazionali e comunitari.
    1.2. - Il comma 4 dell'art. 2, inoltre, definisce la procedura di
adozione di tale decreto, stabilendo che esso e' emanato d'intesa con
la  Conferenza  Stato-regioni,  sentite  le associazioni di categoria
degli  operatori turistici e dei consumatori e che il relativo schema
dovra'  essere  trasmesso  alla Camera dei deputati e al Senato della
Repubblica  ai  fini  della  espressione  del  parere  da parte delle
competenti Commissioni parlamentari permanenti.
    1.3.  -  L'esatta comprensione delle censure che, con il presente
atto,  si  intendono muovere a tali disposizioni dettate dall'art. 2,
impone  un  preliminare  e breve esame delle competenze in materia di
turismo ed industria alberghiera.
    Ai sensi dell'art. 117 della Costituzione la materia del "turismo
e  della  industria alberghiera" rientra nell'ambito della competenza
legislativa concorrente delle regioni.
    In  attuazione di tale disposizione costituzionale, l'art. 56 del
d.P.R.  n. 616/1977  ha  specificato,  al  comma 1, l'oggetto di tali
funzioni   stabilendo  che  esse  "concernono  tutti  i  servizi,  le
strutture   e   le   attivita'   pubbliche   e   private  riguardanti
l'organizzazione  e  lo  sviluppo  del  turismo  regionale, anche nei
connessi  aspetti  ricreativi,  e dell'industria alberghiera, nonche'
gli  enti  e  le  aziende  pubbliche  operanti  nel settore sul piano
locale"  e  ha  fornito,  al  comma  2,  alle  lettere da a) a c), un
esemplificazione di tali funzioni.
    Recentemente,  inoltre,  in attuazione della legge n. 59/1997, il
d.lgs.  n. 112/1998 ha nuovamente definito il quadro delle competenze
dello  Stato, delle regioni e degli enti locali in materia di turismo
ed industria alberghiera.
    In  proposito, il d.lgs. n. 112/1998, all'art. 43, ha definito le
funzioni   amministrative  relative  alla  materia  del  "turismo  ed
industria  alberghiera",  e,  agli  artt.  44  e  45, ha individuato,
rispettivamente,  le  funzioni  ed  i compiti conservati allo Stato e
quelli conferiti alle regioni.
    In   particolare,   l'art.   43  ha  stabilito  che  le  funzioni
amministrative relative a tale materia, cosi' come definita dall'art.
56  del  d.P.R.  n. 616/1977,  "concernono  ogni attivita' pubblica o
privata  attinente  al  turismo,  ivi  incluse  le  agevolazioni,  le
sovvenzioni,  i contributi, gli incentivi, comunque denominati, anche
se per specifiche finalita', a favore delle imprese turistiche".
    Il successivo art. 44 ha riservato allo Stato:
        b)  la definizione, in accordo con le regioni, dei principi e
degli  obiettivi  per  la  valorizzazione  e  lo sviluppo del sistema
turistico.  Le  connesse  linee  guida sono contenute in un documento
approvato,  d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, con decreto del
Presidente  del  Consiglio dei ministri adottato ai sensi dell'art. 3
del   d.lgs.   n. 281/1997,  sentite  le  associazioni  di  categoria
maggiormente   rappresentative   degli   operatori   turistici,   dei
consumatori  e  del turismo sociale e le organizzazioni sindacali dei
lavoratori del turismo piu' rappresentative nella categoria.
    Prima  della  sua  definitiva adozione, il documento e' trasmesso
alle  competenti  Commissioni parlamentari. Entro sei mesi dalla data
di entrata in vigore del presente decreto legislativo e' approvato il
predetto documento contenente le linee guida;
        c)  il monitoraggio delle fasi attuative del documento di cui
alla lettera a), relativamente agli aspettistatali;
        d)   il  coordinamento  intersettoriale  delle  attivita'  di
competenza   dello   Stato   connesse  alla  promozione,  sviluppo  e
valorizzazione del sistema turistico nazionale;
        e) il cofinanziamento, nell'interesse nazionale, di programmi
regionali o interregionali per lo sviluppo del turismo.
    L'articolo  45,  infine,  ha  conferito  alle  regioni  "tutte le
funzioni  amministrative  statali concernenti la materia del turismo,
come  definita  nell'art.  43,  non  riservate  allo  Stato  ai sensi
dell'art. 44".
    1.4.  - In tale quadro si inserisce la legge n. 135/2001 che, nel
dettare  le  norme  di  cui  ai  commi  4 e 5 dell'art. 2, si pone in
evidente   contrasto   con   la   disciplina  introdotta  dal  d.lgs.
n. 112/1998 e, segnatamente, dall'art. 44.
    Dall'esame dell'art. 44 risulta evidente che tale disposizione ha
previsto  due strumenti: da un lato, un atto - non meglio precisato -
che,  in  accordo  con  le  regioni,  deve  definire i principi e gli
obiettivi per la valorizzazione del turismo, dall'altro, un documento
da  adottarsi  con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri,
d'intesa  con la Conferenza Stato-regioni, che deve definire le linee
guida connesse ai principi e agli obiettivi.
    L'articolo  2,  comma 4, della legge n. 135/2001, invece, prevede
che  alla  definizione  di principi ed obiettivi si dovra' provvedere
con   un   D.P.C.M.  da  emanarsi  semplicemente  "d'intesa"  con  la
Conferenza  Stato-regioni,  anziche' sulla base dell'"accordo" con le
regioni, come previsto dall'art. 44 del d.lgs. n. 112/1998.
    Il  risultato  e'  quello  di  un  evidente  affievolimento delle
garanzie  procedimentali  che  presidiano  l'autonomia  regionale con
conseguente  violazione  del principio di leale collaborazione tra lo
Stato e le regioni.
    In  particolare, va evidenziato che, mentre rispetto agli oggetti
indicati  dall'art.  2,  comma  4,  lett. a) - n), la norma impugnata
appare  rispettosa  del percorso procedurale individuato dall'art. 44
del  d.lgs.  n. 112/1998, potendosi ben ritenere che la disciplina di
tali  oggetti  possa  configurare "linee guida", non altrettanto puo'
dirsi  con  riguardo  a  quanto previsto dal comma 5 dell'art. 2, che
demanda  al  decreto l'individuazione di principi e ed obiettivi che,
ai sensi dell'art. 44 del d.lgs. n. 112/1998, avrebbero dovuto essere
individuati con l'accordo delle regioni.
    A  cio'  si  aggiunga  che,  nella logica dell'art. 44 del d.lgs.
n. 112/1998,  si  sarebbe  dovuto  procedere  alla  definizione delle
"linee  guida" solo successivamente alla individuazione, in "accordo"
con  le regioni, dei principi e degli obiettivi per la valorizzazione
e lo sviluppo del sistema turistico.
    L'articolo  44,  comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 112/1998 parla,
infatti, di "connesse linee guida".
    Le  disposizioni impugnate si pongono, pertanto, in contrasto con
il  quadro  normativo  delineato  dal  d.lgs.  n. 112/1998  e piu' in
generale  con  l'orientamento assunto dall'ordinamento in ordine alle
competenze  amministrative regionali a seguito della legge n. 59/1997
(c.d. Bassanini 1).
    Ora,  e'  si vero che il d.lgs. n. 112/1998 ha efficacia di legge
ordinaria  e,  come  tale,  e'  derogabile  da  una  legge  ordinaria
successiva,  ma  e'  anche  vero  che  il d.lgs. n. 112/1998 e' stato
emanato  proprio  in  specifica  attuazione  degli artt. 5, 118 e 128
Cost. (nell'incipit della legge delega, la legge n. 59/1997, all'art.
1,  espressamente  viene  dichiarato  che  il Governo, ai sensi degli
artt.  5,  118  e 128 della Costituzione era delegato a emanare uno o
piu'  decreti  legislativi  volti a delegare alle regioni e agli enti
locali  funzioni  e  compiti  amministrativi  ...), e che e' comunque
proprio di codesta ecc.ma Corte il concetto di "norma interposta". La
violazione  costituzionale,  in sostanza, si verificherebbe, non solo
quando   una   norma   ordinaria   violi   direttamente   una   norma
costituzionale,    ma    anche   allorquando   cio'   si   verifichi,
indirettamente,  attraverso  appunto una norma interposta (cfr. Corte
cost.  27  ottobre  1998  n. 362,  Corte cost. 18 maggio 1995 n. 182,
Corte  cost.  20  luglio  1990  n. 342,  Corte  cost.  22 giugno 1990
n. 308).
    E'  sempre  propria  di  tale  ecc.ma Corte l'affermazione che il
d.P.R.  n. 616/1977  -  che  costituisce  l'immediato  precedente del
d.lgs. n. 112/1998 in tema di deleghe di funzioni amministrative alle
regioni  -  e'  un  atto  "adottato  in  immediata  attuazione  della
Costituzione.   Ed   il  rapporto  di  immediata  attuazione  con  la
Costituzione  puo'  portare  a considerare le disposizioni del d.P.R.
n. 616  del  1977  come norme interposte suscettibili di integrare il
significato dei parametri costituzionali" (cfr. sentenza n. 85 del 26
febbraio 1990).
    La   qualifica   di   norme  interposte  deve,  pertanto,  essere
attribuita  anche  alle  disposizioni  del  d.lgs. n. 112/1998 che si
pongono,   rispetto  al  d.P.R.  n. 616/1977,  a  completamento  e  a
definizione  del quadro delle attribuzioni delle regioni e degli enti
locali.
    Il mancato rispetto del d.lgs. n. 112/1998, nella sua funzione di
norma  interposta,  a  prescindere  dalla  qualificazione che di tale
decreto  si  voglia  dare,  comporta,  comunque,  inevitabilmente una
violazione  del  principio costituzionale di leale collaborazione tra
lo  Stato  e  le  regioni  (cfr.  in  proposito  Corte  cost.  sentt.
nn. 359/1985;  151  e  153/1986;  214/1988;  101  e  138/1989;  21  e
351/1991; 389 e 520/1995; 393/1999).
    1.5.  - A cio' si aggiunga che, sebbene rispettoso delle garanzie
procedimentali  delineate dall'art. 44 del d.lgs. n. 112/1998, quanto
alle  "linee  guida"  di  cui  alle lett. a) - n), l'art. 2, comma 4,
tuttavia, nel merito, non e' esente da vizi di costituzionalita', per
un duplice ordine di ragioni.
    In  primo  luogo,  infatti,  risulta  assente  nella disposizione
esaminata l'indicazione dei principi cui il D.P.C.M. dovra' ispirarsi
nella  disciplina  degli  oggetti individuati nelle lett. a) - n). Ne
puo'  dirsi  che quelli individuati all'articolo 1 siano da ritenersi
idonei a guidare il Governo nella determinazione di quei contenuti.
    In  proposito,  va  osservato  che,  a  ben  guardare,  anche  in
relazione  a  quanto  stabilito  dal  successivo  comma  6,  che  gli
attribuisce  efficacia  vincolante  nei  confronti  delle regioni, il
decreto  si configura, nella sostanza, come un vero e proprio atto di
indirizzo e coordinamento.
    Non   ne   possiede,  tuttavia,  tutti  i  requisiti  cosi'  come
individuati dalla giurisprudenza costituzionale inmateria.
    Sebbene,  infatti,  l'iter  procedimentale di adozione, delineato
dal  comma  4  dell'articolo  2,  sembra  essere  conforme  a  quello
configurato  dall'articolo  8  della legge n. 59/1997, manca tuttavia
un'idonea  base legale che individui i principi cui il decreto dovra'
ispirarsi  nella  disciplina  degli  oggetti  contemplati dal comma 4
dell'articolo 2.
    In  proposito, si sottolinea come secondo giurisprudenza costante
della  Corte  costituzionale  la  funzione governativa di indirizzo e
coordinamento  e'  soggetta,  quanto  a  fondamento  ed  esercizio  a
puntuali  requisiti  di  forma  e  di  sostanza: "di forma perche' la
funzione  stessa  deve,  in corrispondenza ad un principio desumibile
dalla  stessa Costituzione, trovare svolgimento in forma collegiale e
cioe'  con  una  delibera  del  Consiglio  dei  ministri; di sostanza
perche'   occorre   idonea  base  legislativa  per  salvaguardare  il
principio di legalita' sostanziale, attraverso previa determinazione,
con  legge,  dei  principi  ai  quali il Governo deve attenersi (cfr.
Corte  cost.  nn. 250/1996;  93/1996;  113,  26 e 124/1994; 486/1992;
355/1992; 45/1993).
    In   particolare,  con  riferimento  al  requisito  di  legalita'
sostanziale,   occorre   precisare   che   l'atto   di   indirizzo  e
coordinamento,  per  essere  conforme  ai  parametri  di legittimita'
costituzionale  da  tempo consolidati (cfr. Corte cost. nn. 150/1982;
338/1988;  139/1990;  37  e  359/1991; 30 e 384/1992) "deve prevedere
l'esercizio  del  potere  stesso  cosi' come il contenuto sostanziale
dell'atto da adottare, attraverso la predisposizione di principi e di
criteri   idonei  a  vincolare  e  a  orientare  la  discrezionalita'
governativa" (Corte cost. n. 486/1992).
    Cosi',    sulla   scorta   di   tale   insegnamento,   la   Corte
costituzionale,        con       sentenza       n. 355/1993,       ha
dichiaratol'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 8, comma 4, del
d.lgs.  n. 502/1992  perche'  "si  limita  a definire gli oggetti che
dovranno  essere disciplinati dall'atto governativo, ma non determina
affatto   i   principi  o  gli  orientamenti  dimassima  destinati  a
delimitare  la  discrezionalita'  del  Governo  nell'esercizio  della
funzione di indirizzo ecoordinamento"
    In  secondo  luogo, l'articolo 2, comma, e' illegittimo in quanto
le  lettere  a)  -  n)  demandano  al  Presidente  del  Consiglio  la
definizione   di   norme  eccessivamente  dettagliate,  quali  quelle
concernenti gli standard minimi riguardanti i servizi, le professioni
turistiche,  le  imprese turistiche di accoglienza, la qualita' delle
strutture  ricettive,  con  l'effetto di interferire sulle competenze
regionali in materia.
    In   sostanza,   in   ragione   della  finalita'  "di  assicurare
l'unitarieta'  del  comparto  turistico  e la tutela dei consumatori,
delle imprese e delle professioni turistiche", l'articolo 2, comma 4,
finisce  per  attribuire  al  D.P.C.M.  il compito di disciplinare in
maniera   dettagliata   un   numero  considerevole  di  oggetti,  con
l'inevitabile conseguenza di una forte riduzione del raggio di azione
delle  regioni  in  una  materia, quale quella del turismo, in cui e'
garantita alle stesse una potesta' legislativa concorrente.
    In  proposito,  di  recente,  la stessa Corte costituzionale, nel
dichiarare  fondata  la  questione  di legittimita' costituzionale di
alcune   norme   del   d.lgs.  n. 469/1997  -  censurate  in  ragione
dell'eccessivo  dettaglio con cui disciplinavano l'organizzazione del
mercato del lavoro a livello regionale - ha affermato il principio in
base al quale il legislatore statale non puo' scalfire, diminuendola,
la  discrezionalita'  organizzativa che deve essere riconosciuta alle
Regioni,  nelle  materie  e  per  le funzioni di cui all'articolo 117
della  Costituzione,  perche'  "ferma la possibilita' per lo Stato di
delineare  il  modello  organizzativo  con disposizioni di principio,
deve  residuare  alla  regione  uno spazio di libera scelta in ordine
alla  disciplina dell'organizzazione, che non puo' essere compromesso
senza  pregiudicarne  lo  statuto  costituzionale  di autonomia (cfr.
Corte cost. n. 74/2001; cfr. anche nn. 192/1987; 533/1989; 391/1991).
    1.6.  -  Anche  i  commi 6 e 7 dell'articolo 2, si espongono alle
censure sollevate supra sub par.1.5.
    Il  comma  6  stabilisce  che,  entro  nove  mesi  dalla  data di
emanazione  del  decreto  di  cui  al  comma  4, ciascuna regione da'
attuazione ai principi e agli obiettivi ivi stabiliti nel rispetto di
una serie di principi (di completezza ed integralita' delle modalita'
attuative,   di   efficienza,   economicita'   e  di  semplificazione
dell'azione amministrativa, di sussidiarieta).
    Il  comma  7,  a  sua  volta,  prevede che, decorsi inutilmente i
termini  di  cui  al  comma 6, fino alla data di entrata in vigore di
ciascuna  disciplina  regionale  di  attuazione delle linee guida, le
disposizioni  contenute  nel  decreto  di cui al comma 4 si applicano
alle regioni a statuto ordinario.
    E  cio'  "allo  scopo  di  tutelare e salvaguardare gli interessi
unitari  non  frazionabili,  in  materia  di liberta' di impresa e di
tutela del consumatore".
    L'articolo  11,  comma  6,  a  sua  volta,  prevede  che la legge
n. 217/1983  e'  abrogata a decorrere dalla data di entrata in vigore
del decreto di cui all'articolo 2, comma 4.
    Tali  disposizioni  sono  suscettibili  di  ledere  le competenze
costituzionalmente  riconosciute alle regioni in materia: da un lato,
infatti,  la  disciplina  dettata dal medesimo decreto sara' in parte
vincolante  per  le regioni, che vi dovranno dare attuazione (art. 2,
comma  6);  dall'altro,  le disposizioni del decreto si applicheranno
sino  all'emanazione  della  disciplina regionale di attuazione delle
linee guida, assumendo cosi' carattere suppletivo (art. 2, comma 7).
    Il  decreto  finisce, in tal modo, per trasformarsi in un atto in
grado  di  vincolare  la legislazione regionale - tanto che, ai sensi
dell'articolo  11,  comma  6, la legge n. 213/1987 e' abrogata solo a
decorrere  dalla  sua adozione - e cio' in assenza di una idonea base
legale, mancando nella legge n. 135/2001 i criteri e i principi sulla
base dei quali il D.P.C.M. dovra' dettare le linee guida.
    A  ben  guardare,  dunque,  come gia' sottolineato supra sub par.
1.5.,  al  decreto  di  cui  al comma 4 dell'articolo 2 si demanda di
dettare,  in  assenza  di  una  idonea base legislativa, non semplici
"linee  guida", bensi una disciplina vincolante per le regioni in una
materia  nella  quale  esse  sono  titolari  di  potesta' legislativa
concorrente.
    In  proposito,  va  sottolineato  che con sentenza n. 63/2000, la
Corte,  ha  dichiarato  fondata  la  questione  di  costituzionalita'
dell'articolo  4,  comma 1, del d.l. n. 275/1997, convertito in legge
n. 272/1997,  che  deferiva  al  Ministro della sanita' il compito di
individuare    "linee    guida"   in   ordine   alla   organizzazione
dell'attivitalibero-professionale  intramuraria, in ragione sia della
riconducibilita'  di  tale  disciplina  alla  competenza  legislativa
concorrente  delle  regioni  in  materia di assistenza sanitaria, sia
dell'efficacia  vincolante  nei  confronti delle regioni che la norma
impugnata attribuiva alle suddette "linee guida".
    In  particolare  nella  sentenza  citata  si  legge:  "la materia
oggetto  dell'atto  ministeriale riguarda la competenza delle regioni
in  ordine  alla organizzazione del servizio sanitario (art. 2, comma
2,  d.lgs.  n. 502 del 1992). e non gia' la disciplina, di competenza
statale, delle professioni sanitarie, attenendo all'utilizzo, ai fini
di  prestazioni  rese  dai  sanitari in regime di libera professione,
delle  strutture  sanitarie  pubbliche,  all'impiego  a  tal  fine di
personale  ...., sicche' l'intervento dello Stato in materia non puo'
esplicarsi  se  non  nelle  forme  e  nei limiti propri delle materie
attribuite   alle   regioni,  cioe'  attraverso  la  legislazione  di
principio  o  di  riforma, o attraverso l'esercizio della funzione di
indirizzo  e  coordinamento.  La  norma  denunciata e' illegittima in
quanto  configura  un potere ministeriale, che si pretende vincolante
nei confronti delle regioni e delle province autonome, pur in difetto
dei  requisiti,  di ordine pracedurale e sostanziale, di un legittimo
atto   di   indirizzo   e  coordinamento,  non  essendo  previste  la
deliberazione   del   Consiglio  dei  ministri,  ne'  le  particolari
procedure   richieste   dalle   norme  di  attuazione  statuarie  per
l'efficacia  degli  atti  di  indirizzo  nei confronti delle province
autonome (cfr. anche Corte cost. n. 169/1999).
    Anche   i   commi  6  e  7  dell'articolo  2  risultano  pertanto
illegittimi  in quanto attribuiscono al decreto di cui al comma 4, in
assenza  di  una  idonea  base  legislativa che individui i principi,
efficacia  vincolante  nei  confronti  delle  regioni  in una materia
afferente alla competenza legislativa concorrente delle regioni.
    2.  -  Violazione  da  parte  dell'articolo 7, commi 2 e 6, degli
articoli  117  e  118  della  Costituzione,  in  relazione  al d.lgs.
n. 112/1998,  art.  44,  e  alla  giurisprudenza  costituzionale  sul
principio  di  leale  collaborazione  Stato-regioni  e  in materia di
indirizzo e coordinamento.
    L'articolo   7,   recante   "imprese   turistiche   ed  attivita'
professionali",   al   comma  1,  definisce  le  imprese  turistiche,
stabilendo che sono tali "quelle che esercitano attivita' economiche,
organizzate    per    la    produzione,    la    commercializzazione,
l'intermediazione  e la gestione dei prodotti, di servizi tra cui gli
stabilimenti  balneari,  di  infrastrutture  e  di esercizi, compresi
quelli  di  somministrazione  facenti  parte  dei  sistemi  turistici
locali, concorrenti alla formazione dell'offerta turistica".
    Al  comma  2,  l'articolo 7 stabilisce che l'individuazione delle
tipologie  di  imprese  turistiche  di  cui  al comma 1 dovra' essere
predisposta dal decreto di cui al comma 4 dell'art. 2.
    Al  comma  6,  inoltre,  l'articolo 7 attribuisce alle regioni il
potere  di  autorizzare l'esercizio delle attivita' di cui al comma 5
(professioni  turistiche),  specificando che "l'autorizzazione, fatta
eccezione   per  le  guide,  ha  validita'  su  tutto  il  territorio
nazionale,  in  conformita' ai requisiti e alle modalita' previsti ai
sensi dell'art. 2, comma 4, lettera g)".
    Le  disposizioni  dettate  dai  commi  2  e  6  dell'articolo  7,
disponendo  un  rinvio  alle norme del decreto di cui al comma 4, non
possono  non  sottrarsi  ai  vizi di costituzionalita' che colpiscono
tale disposizione.
    Devono  pertanto  essere  estese  anche  a  tali norme le censure
sollevate sub par. 1 all'art. 2, comma 4.